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Tumore al polmone non a piccole cellule, la multidisciplinarità e l’eccellenza tecnologica alla base di una gestione di successo.

di Emilia Vaccaro

Il cancro del polmone è la terza neoplasia maligna per incidenza in Europa, ma rappresenta il primo Killer tumorale, con una mortalità che si è ridotta negli uomini ed è aumentata nelle donne. 

 

La diagnosi precoce è in genere il risultato di programmi di screening o di indagini radiologiche condotte per altri motivi.

Il cancro del polmone viene spesso diagnosticato in fase avanzata (stadio III) e per gestire al meglio questi pazienti è fondamentale un team multidisciplinare di esperti.

Ne abbiamo parlato con il prof. Giovanni Battista Ratto, chirurgo toracico che da anni si occupa dello sviluppo di tecniche mini-invasive per la cura del carcinoma polmonare in fase precoce e del trattamento combinato (chemioterapia/radioterapia di induzione seguite da chirurgia) per la terapia del carcinoma polmonare localmente avanzato. Il prof. Ratto, parte del team multidisciplinare presente presso l’Humanitas Research Centre di Rozzano (Milano), ha complessivamente effettuato, come primo operatore, oltre 5000 interventi chirurgici, la maggior parte dei quali è classificabile nell’ambito della chirurgia toracica maggiore.

Il cancro del polmone viene classificato fondamentalmente in due tipologie: cancro del polmone non a piccole cellule (non-small-cell lung cancer, NSCLC) che è un tipo di tumore polmonare maligno che si differenzia dal tumore polmonare a piccole cellule (small-cell lung cancer, SCLC) per l’aspetto delle cellule del tumore stesso al microscopio.

NSCLC rappresenta l’85-90% di tutti i tumori polmonari maligni, ha origine da cellule del polmone che sono cresciute e si sono moltiplicate in modo anomalo sino a formare un “aggregato” o tumore.

A sua volta il NSCLC si divide in altri sottotipi, fra cui i tre tipi principali sono l’adenocarcinoma, il carcinoma a cellule squamose e il carcinoma a grandi cellule (indifferenziato) del polmone.

I pazienti in stadio III sono un gruppo molto eterogeneo che include individui con noduli multipli nei polmoni, tumori che invadono le strutture del torace, metastasi ai linfonodi mediastinici omolaterali e nodi controlaterali senza tumore primario rilevabile.

Il carcinoma polmonare non a piccole cellule localmente avanzato (NSCLC) è classificato secondo il sistema di stadiazione TNM come stadio III con sottoclassificazione in stadio IIIA, IIIB e IIIC (TNM 8).

Questi tumori differiscono ampiamente per le loro dimensioni (T1–4) e per l'estensione locale e modello di coinvolgimento nodale (N0 – N3)

Alla luce dell’eterogeneità, questa fase ha chiaramente bisogno ancor più di altre fasi di un approccio multimodale interdisciplinare.

Questo approccio è raccomandato anche nelle linee guida internazionali. 

La diagnosi precoce è la chiave perché i sintomi sono tardivi e sono poco specifici quindi quando si arriva alla sintomatologia in genere il tumore è avanzato; purtroppo anche in alcuni casi scoperti casualmente per esami radiologici effettuati in assenza di sintomi lo stadio di malattia è comunque avanzato (es. IIIA o anche metastatico)”.

Dopo l’esame clinico, al fine di valutare la localizzazione e l’estensione del cancro, il medico programmerà una radiografia e/o una tomografia computerizzata (TC) (o potrebbe utilizzare altre tecniche diagnostiche come la PET [positron emission tomography, tomografia a emissione di positroni] /TC o la risonanza magnetica [RM]). L’esame di un campione bioptico (campione di cellule o di tessuto prelevato dal tumore) confermerà la diagnosi di NSCLC.

La chirurgia rappresenta la principale opzione di trattamento per il NSCLC in stadio iniziale (I e II) e può essere seguita da chemioterapia o radioterapia adiuvante.

Nello stadio III che viene definito anche "locoregionale” o “malattia localmente avanzata”, la prognosi è variabile e per lo più scarsa. A causa della sua eterogeneità, non è adeguato un approccio di gestione schematica generale.

Fino ad ora lo stadio del tumore e le condizioni generali del paziente sono i fattori prognostici più rilevanti. Tuttavia, presso l’Istituto Humanitas sono in corso ricerche per caratterizzare il tumore sotto il profilo molecolare, genetico ed immunologico, avendo come obiettivo un approccio terapeutico più personalizzato ed efficace.

L’eterogeneità che vediamo nello stadio IIIA può essere dovuta all’estensione delle metastasi linfonodali al mediastino oppure all’estensione locoregionale della malattia. In entrambi i casi si tratta di pazienti con prognosi molto diversa e che probabilmente necessitano di approcci terapeutici altrettanto diversificati. Lo stadio III, quello maggiormente rappresentato, si presenta con un’infiltrazione locale che spesso spaventa i chirurghi e che dipende molto da cosa è infiltrato, dall’estensione dell’infiltrazione e da dove viene trattato il paziente. Se viene trattato in un centro di eccellenza in cui ci sono tutte le competenze vascolari, vertebrali, cardiochirurgiche oltre che toraciche il problema locale può essere superato” ha sottolineato il prof. Ratto.

Lo standard attuale di trattamento è una chemioterapia iniziale (3-4 cicli), una successiva rivalutazione seguita da chirurgia o da radioterapia. L’aspetto importante è che ci sia questa possibilità di un contatto continuo dell’oncologo col radioterapista, il chirurgo e lo pneumologo.

 Nel complesso, la prognosi è scarsa con problematiche che si verificano nella maggior parte dei pazienti sia localmente che in siti distanti.

La prognosi dipende molto dalle competenze del gruppo multidisciplinare che gestisce il paziente; la chirurgia dopo la chemioterapia in tumori localmente avanzati ha alcune peculiarità che non sono solo quelle della chirurgia toracica standard ma sono necessari una serie di accorgimenti tecnici fondamentali. Ad esempio, se la chemioterapia ha dato un’ottima risposta e c’è un tessuto sclerotico all’ilo può essere necessario avere dimestichezza con un controllo intrapericardico dei vasi per evitare emorragie, la dissezione deve essere particolarmente accurata lungo le strutture anatomiche, probabilmente è utile una protezione della struttura bronchiale con tessuto autologo” ha aggiunto il prof. Ratto.

 Il concetto è che si tratta di una chirurgia che può presentare delle difficoltà maggiori rispetto a quelle di un tumore in fase iniziale e quindi è necessario porre in atto una serie di misure per evitare complicazioni e risultati negativi e quindi è necessario che venga fatto da persone e centri specializzati.

 Il mio centro che si trova presso l’Humanitas è uno dei primi in Italia per la gestione di questa tipologia di pazienti grazie a un gruppo altamente specializzato e abituato a lavorare in equipe”.

Per una buona riuscita bisogna partire dalla corretta stadiazione. 

È necessaria una stadiazione accurata anche ricorrendo a tecnologie più sofisticate che oggi abbiamo a disposizione. All’Humanitas abbiamo delle tecniche che non ci sono in altre strutture come l’agobiopsia di piccoli noduli vicini al cuore o ad altre strutture vitali che possono essere raggiunti con la tecnica dell’agobiopsia fluoroscopica TC guidata oppure con la navigazione endobronchiale. Altra tecnica indispensabile è l’ecografia transbronchiale (EBUS) che è più diffusa.

Secondo la nostra esperienza i casi che vanno incontro all’intervento chirurgico sono una quota ridotta. I pazienti che rispondono bene alla chemioterapia, e quindi hanno un downstaging linfonodale, possono trarre giovamento da una chirurgia che necessita di alcuni accorgimenti tecnici.

Dal punto di vista terapeutico, in genere si fanno 3 cicli di chemioterapia e si rivaluta il paziente. Se c’è una buona risposta soprattutto un down staging a livello dell’N allora si programma la chirurgia che deve essere fatta in centri con alti volumi e dove ci sia un’equipe con tutte le potenzialità dalla cardiochirurgia vascolare a quella vertebrale.

In questa settimana stiamo affrontando un caso complicato riguardante una signora giovane che ha risposto molto bene alle terapie ma che ha un tumore aderente alla cava e all’arteria polmonare e probabilmente infiltra entrambe e bisogna assolutamente agire in gruppo in cui sia presente cardiochirurgo e chirurgo vascolare” ha evidenziato il prof. Ratto.

Seguendo questo iter è possibile avere dei buoni risultati in una malattia che ha prognosi generalmente infausta: si può avere una sopravvivenza a 5 anni che è intorno al 20-25% considerando la gravità della malattia e la rapidità dell’evoluzione clinica.

Novità

Un aspetto che stiamo valutando riguarda i pazienti in stadio avanzaoi che hanno metastasi non solo ai linfonodi mediastinici ma anche ai linfonodi sopra claveari omolaterali. Stiamo valutando se anche in questo caso attraverso una chemioterapia o chemioradioterapia di induzione si può arrivare alla chirurgia” ha precisato il prof. Ratto, aggiungendo: “Altra cosa che stiamo valutando è la combinazione della chemio con terapie target in base alle mutazioni, alle traslocazioni oppure associata all’immunoterapia visto che diversi studi mostrano benefici maggiori”.

Dal punto di vista chirurgico stiamo valutando la possibilità di interventi che consentano l’asportazione di organi quali parti di atrio, parte di esofago, grossi vasi grazie all’equipe formata da cardiochirurghi, chirurghi vertebrali e vascolari etc” ha aggiunto il prof. Ratto.

In conclusione, nella corretta gestione dei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio IIIA è necessario adottare un approccio multidisciplinare che preveda la presenza di più esperti con ampia esperienza specifica (oncologo, radioterapista, pneumologo, chirurgo) e disporre delle tecnologie più avanzate  al fine di selezionare correttamente i pazienti che possono essere sottoposti all’intervento.

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Bibliografia 

  1. Huber RM et al. Interdisciplinary multimodality management of stage III nonsmall cell lung cancer. Eur Respir Rev. 2019 Jul 8;28(152). pii: 190024. doi: 10.1183/16000617.0024-2019. Print 2019 Jun 30.

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/31285288

  1. Cancro del polmone non a piccole cellule. Guide ESMO per il paziente basate sulle Linee Guida per la Pratica Clinica ESMO.

https://www.esmo.org/for-patients/patient-guides

 

 

 

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