Calcoli biliari, ecco le 5 migliori tecniche chirurgiche per combatterli

di Emilia Vaccaro

Da 60.000 a 100.000 italiani si sottopongono ogni anno alla rimozione della colecisti. Pro e contro di cinque diversi approcci chirurgici.

Più di 25 milioni di americani hanno calcoli biliari e ogni anno sono diagnosticati circa 1 milione di nuovi casi. La situazione italiana, considerando che la popolazione è nettamente inferiore, non è comunque molto diversa; da 60.000 a 100.000 italiani vanno dal chirurgo ogni anno per farsi rimuovere la colecisti. Un recente articolo apparso sul New England Journal of Medicine, ha analizzato i pro e i contro di cinque diversi approcci chirurgici per le problematiche legate alla colecisti. Abbiamo brevemente descritto questi approcci e verificato se queste pratiche chirurgiche sono le stesse utilizzate in Italia grazie all’aiuto del dr. Riccardo Naspetti, chirurgo del reparto di Endoscopia Interventistica Avanzata dell' Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze.

"Con i recenti progressi tecnologici nei trattamenti endoscopici per la malattia sintomatica della colecisti, abbiamo creduto che fosse importante comunicare il potenziale di mezzi di recente sviluppo per la gestione di questa malattia, comune alla comunità medica più vasta", ha dichiarato il dr. Todd H. Barone, professore e direttore della divisione di Endoscopia Avanzata, Gastroenterologia ed Epatologia presso l'Università della North Carolina School of Medicine,  autore principale dello studio.

Da quanto riportano gli autori nel lavoro, l'intervento più comune in uso oggi è colecistectomia laparoscopica, sia negli States che in Italia; si tratta di una rimozione chirurgica della colecisti con tecniche laparoscopiche mini-invasive. Questo approccio è stato introdotto nel 1985 come alternativa alla chirurgia tradizionale aperta, che è ancora necessaria in un piccolo numero di casi. Tra i vantaggi dell'approccio laparoscopico c’è l’assenza di cicatrici visibili, ma a volte è tecnicamente difficile da eseguire in pazienti con colecistite grave o chirurgia addominale anteriore.

Come ha dichiarato il dr. Naspetti ai microfoni di HealthItalyNet: «Normalmente in questi interventi usiamo la chirurgia laparoscopica della colecisti; viceversa si puo’ scegliere se fare una bonifica preliminare della via biliare – in caso di calcolosi colecisto-coledocica - per via laparoscopica pura oppure quello che si chiama “rendez-vous” e cioè nel corso della colecistectomia laparoscopica si fa una bonifica endoscopica della via biliare e la colecistectomia in un'unica soluzione rappresentando quest’ultimo un grande vantaggio per il paziente. Questo è l’approccio che nelle nostre Sale Operatorie viene utilizzato routinariamente anche se, talvolta,  può rappresentare un problema logistico non trascurabile per l’equipe dal momento che ci vuole  una comunione di intenti tra l’equipe che esegue la parte chirurgica e quella che fa la parte endoscopica. Noi utilizziamo questo approccio laparo-endoscopico dalla fine degli anni’90».

«Talvolta - riferisce il dr. Naspetti – può accadere che una volta eseguito l’intervento di colecistectomia  compaiano sintomi di calcolosi coledocica. In questi casi  si fa il trattamento “sequenziale inverso”: in altre parole una volta asportata la colecisti, nei giorni successivi si procede alla bonifica della via biliare».

Una tecnica chirurgica sviluppata più di recente è la chirurgia transluminale endoscopica attraverso orifizi naturali, detta anche “NOTES” (Natural Orifice Transluminal Endoscopic Surgery), in cui il chirurgo accede alla cistifellea utilizzando un endoscopio che entra nell’addome da un’ apertura naturale come bocca, vagina o ano. Un evidente vantaggio di questo approccio è che non viene utilizzata alcuna incisione, ma richiede apparecchiature speciali ed è tecnicamente complesso e non privo di complicanze; per tali motivi  solo selezionati centri medici hanno intrapreso questo tipo di procedura.

«La NOTES, per quanto riguarda la colecisti, non ha avuto un grande successo in Italia e, più in generale in Europa e Stati Uniti; l’hanno sviluppata in India ma non è in realtà decollata nei Paesi occidentali - ha precisato il dr. Naspetti. Nei casi effettuati per via transvaginale, spesso le pazienti hanno riportato dopo l’intervento  dolori vaginali e dispareunia. Con approccio transgastrico (senza incisioni cutanee) erano stati proposti anche interventi sulle ovaie o sul colon-retto, ma al momento dette tecniche rimangono virtuali e di fatto non eseguite in Italia».

«Da noi  –  ha proseguito il dr. Naspetti – in prospettiva sta crescendo la Chirurgia Robotica che al momento attuale utilizza strumenti rigidi, ma all’orizzonte (nel giro di pochissimi anni) con strumenti flessibili consentirà di effettuare un approccio robotico attraverso orifizi naturali e appunto quella che viene definita chirurgia scarless (senza cicatrici) con precisione e con ottimizzazione di gran parte degli interventi chirurgici. Questo vuol dire che in contemporanea potrà esserci visione e strumentazione chirurgica attraverso un unico accesso transorifiziale. Con il robot endoluminale le cose cambieranno grandemente».

La chirurgia robotica, come il caso del sistema “Da Vinci”,  rispetto alla chirurgia video assistita tradizionale presenta alcune differenze importanti. Il chirurgo è distante fisicamente dal campo operatorio e siede presso una consolle dotata di monitor, dalla quale, attraverso un sistema complesso, comanda il movimento dei bracci robotici. A questi vengono fissati i vari strumenti chirurgici, pinze, forbici, dissettori, che un'equipe presente al tavolo operatorio provvede a introdurre nella cavità addominale sede dell'intervento. L'impiego dei bracci meccanici ha il vantaggio di consentire una visione tridimensionale con un'immagine più ferma e di rendere le manovre più delicate e fini anche perché gli strumenti sono articolati all'estremità distale. Lo svantaggio è legato ai tempi operatori più lunghi e alla difficoltà di dosare la forza.

Altro approccio descritto nel lavoro è la colecistostomia percutanea. Tale opzione è disponibile per pazienti non idonei per l'approccio laparoscopico o chirurgico in senso generale. Con questa tecnica, un catetere viene posizionato attraverso la parete addominale direttamente nella cistifellea per permettere il drenaggio della bile attraverso dei tubi e all'esterno del corpo. L’approccio è efficace nel risolvere la colecistite in circa il 90% dei soggetti che ricevono questo tipo di trattamento; tuttavia la presenza di drenaggi esterni è  ovviamente un disagio per i pazienti e ha un effetto negativo sulla qualità di vita.

«Si può fare poi il trattamento trans-parietale trans-epatico radiologico combinato con tecnica endoscopica, ad esempio, nei casi di calcolosi intra-epatica: in questi casi sono coinvolti entrambi il medico  radiologo e l’endoscopista; il radiologo accede alla parte prossimale dell’albero biliare per la bonifica dei calcoli intraepatici  e l’endoscopista distalmente  esegue la sfinterotomia endoscopica al fine di garantire flusso e drenaggio della bile - sottolinea il dr. Naspetti.

Tanto più esperto è l’endoscopista tanto meno si usa quest’ultimo approccio combinato; fino a 15-20 anni fa si faceva frequentemente. Al giorno d’oggi si utilizzano in genere modalità tutte endoscopiche  (per esempio il laser) per distruggere i calcoli».

Possono essere eseguite anche procedure endoscopiche per il drenaggio della cistifellea anche tramite tecniche endoscopiche orali, utilizzando il percorso transpapillare. La bile viene scaricata dalla cistifellea direttamente nel tratto gastrointestinale del paziente dove partecipa essenzialmente alla digestione dei lipidi. Questa modalità elimina i problemi associati con i tubi di drenaggio esterni, con la perdita di bile, fluidi ed elettroliti.

. «In pazienti complicati, come quelli che non sopporterebbero l’intervento chirurgico, si possono fare trattamenti di drenaggio della colecisti sotto guida ecografica - ha concluso il dr. Naspetti - le colecistostomie radiologiche si fanno soprattutto per pazienti anziani con gravi co-morbidità; si crea un drenaggio dalla colecisti per  far fuoriuscire pus e bile  attraverso la guida ecografica trans-parietale».

Per quanto riguarda il paziente affetto da calcolosi della via biliare la tecnica meno invasiva è l’endoscopia perché viene usata una via che già esiste; quando, invece, si procede per via chirurgica - il chirurgo o il radiologo che sia - viene comunque generata una via nuova. L’endoscopia oggi ha a disposizione strumenti molto piccoli  - manovrati dallo stesso operatore che esegue l’ERCP - che consentono di vedere direttamente dentro la via biliare; attraverso questa tecnica – chiamata coledocoscopia - attraverso un piccolissimo endoscopio (il coledoscopio) si entra nella via biliare , si fa diagnosi, si possono eseguire  prelievi selettivi e si possono  trattare stenosi oppure calcoli con il laser, vedendo perfettamente in diretta quello che viene ottenuto. E’ ovviamente un’endoscopia sofisticata e ultraspecialistica.

Il futuro è senz’altro la chirurgia-endoscopia robotica: relativamente  alle patologie delle vie biliari e analogamente di altri organi e apparati nel futuro avremo a disposizione strumenti robotici che entreranno all’interno dei visceri cavi attraverso orifizi naturali  e al loro interno riusciranno ad affrontare e  risolvere  le diverse problematiche  chirurgiche senza lasciar traccia dell’intervento eseguito.

Emilia Vaccaro

Baron TH et al.  Interventional Approaches to Gallbladder Disease. N Engl J Med. 2015 Jul 23;373(4):357-65. doi: 10.1056/NEJMra1411372.

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26200981

 

 

 

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