Stent metallici in endoscopia digestiva, da Firenze le indicazioni per il corretto uso nella pratica clinica quotidiana.

Le protesi metalliche sono migliori di quelle in plastica? E’ preferibile utilizzare le ricoperte o le non coperte? Sono costo-efficaci?

Queste alcune delle domande che si sono posti esperti nazionali riuniti a Firenze lo scorso 8 aprile per un incontro scientifico, fortemente partecipato, dal titolo “Stent Metallici in Endoscopia Digestiva: Stato dell’arte”.

Lo stenting delle vie biliari, lo stenting nei tumori del colon e dell’esofago sono argomenti molto interessanti per chi ogni giorno deve occuparsi di questi pazienti.

Per tale motivo sono stati oggetto di presentazioni e dibattito in sala.

“In particolare, tra gli argomenti affrontati in questo evento ”-ha precisato il dr. Riccardo Naspetti ai microfoni di HealthItalynet: “è stato analizzato il trattamento in urgenza con gli stent metallici nelle occlusioni intestinali, che era in discussione negli ultimi tempi, e la sicurezza che questo tipo di approccio, è l’approccio da utilizzare quando il paziente si presenta occluso e c’è la necessità di un trattamento chirurgico di urgenza. Alternativamente si può utilizzare l’approccio endoscopico per posporre l’intervento chirurgico definitivo, mettere il paziente nelle condizioni ideali per poter essere operato chirurgicamente in un unico step che altrimenti prevederebbe uno step intermedio con una colostomia e con associata morbidità e a volte mortalità.”

Gli stent metallici autoespandibili vengono utilizzati per mantenere pervia una struttura nel tratto gastrointestinale per il passaggio del cibo, chimo, feci, o altre secrezioni necessari per la digestione.

Questi stent vengono inseriti per via endoscopica  attraverso la bocca o retrograda attraverso il colon, al fine di raggiungere la zona di restringimento (stenosi). Il distretto biliare può anche essere trattato con gli stent metallici per via percutanea attraverso procedure di radiologia interventistica.

Protesi esofagea

“L’uso di protesi esofagee metalliche ricoperte rimovibili è indicato in genere per patologia benigna come ad esempio in pazienti che hanno ingerito caustici-ha evidenziato il dr. Massimo Conio- e in pazienti che hanno subito trattamenti di chemio e/o radioterapia che hanno determinato delle stenosi non più risolvibili spontaneamente né dalle semplici dilatazioni o in pediatria per giovani pazienti che non più risolvibili spontaneamente ne dalle semplici dilatazioni o in pediatria per giovani pazienti che hanno subito intervento chirurgico per artesia dello stomaco".

Stent metallici possono essere utilizzati in tutte le patologie che determinano una stenosi o una perforazione del tratto digerente, come nel coledoco o nelle vie biliari; questi stent, che devono essere stati approvati per l’uso nella patologia benigna, hanno le caratteristiche di essere completamente ricoperti e, quindi, rimovibili dopo un tempo non determinato.

A seconda del tipo di stenosi della via biliare, l’approccio deve essere considerato diversamente.

“Nel caso di patologie benigne”, ha sottolineato il prof. Guido Costamagna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e del Policlinico Gemelli di Roma-“vengono usati gli stent metallici come nelle stenosi che insorgono su un danno delle vie biliari in corso di intervento chirurgico, dopo trapianto di fegato in caso di anastomosi tra coledoco del donatore e del ricevente e in caso di pancreatite cronica; queste sono tre tipologie di intervento molto diverse. L’uso però è raccomandabile solo nell’ultimo gruppo”. 

Dalle varie relazioni e in particolare da quella del prof. Costamagna è emerso che gli stent metallici hanno un rischio relativo di occlusione decisamente più basso rispetto agli stent in plastica a 4 mesi (p<0.01); hanno un più basso rischio anche di ostruzione ricorrente biliare (p<0.01) e una pervietà media di 111-273 giorni contro i 62-165 di quelli in plastica.

I costi di quelle in metallo possono essere inizialmente più alti ma si bilanciano dal diminuito bisogno di ri-intervenire sul paziente.

Si è discusso sui tempi di risoluzione e rimovibilità, “per le vie biliari non possono essere immediati non meno di 6-8 ma anche 12 mesi” ha commentato il dr. Riccardo Naspetti dell’Ospedale Careggi di Firenze. Dello stesso parere è stato il dr. Mario Traina dell’ISMETT di Palermo, che ha evidenziato come ci possono essere casi in cui lo stent biliare può essere rimosso dopo 3 mesi e casi in cui si arriva anche a 8 mesi non provocando alcun tipo di conseguenze. 

Per il trattamento con le protesi e la loro successiva rimovibilità non esistono dei tempi precisi ma normalmente si fa riferimento alla pratica clinica e chirurgica, alle linee guida internazionali ed ai protocolli operativi. “Non c’è una vera e propria definizione del tempo necessario soprattutto perché sono diversi tipi di stenosi biliari sia dal punto di vista eziologico, anatomo-patologico e di quello che c’è intorno” ha precisato il prof. Guido Costamagna.

In sala sono stati illustrati casi clinici ed esempi di pratica clinica quotidiana da cui emerge chiaramente che l’utilizzo degli stent sicuramente va fatto attenendosi alle etichette del prodotto e alle linee guida internazionali che si fondano su dati presenti in letteratura ma anche sulla pratica ed esperienza del singolo operatore.

“Solo da alcuni anni-ha precisato il dr. Massimo Conio della struttura complessa di Gastroenterologia dell’Ospedale di Sanremo-si stanno accumulando evidenze sull’utilizzo di nuove protesi meno invasive; ciò che conta di più è l’esperienza dei grandi centri e le linee guida che si basano su meta-analisi o revisioni sistematiche della letteratura”.

E’ importante che queste protesi siano conformabili e, quindi, adattabili agli angoli e ai percorsi più o meno tortuosi intestinali e/o biliari. “La protesi a monte dell’ostruzione, se troppo rigida, può andare a sbattere contro una parete della via biliare inducendo mal funzionamento della protesi e anche una reazione infiammatoria, iperplastica” ha precisato il prof. Costamagna.

La conformabilità di una protesi è funzione dell’angolo di curvatura della protesi dovuto ad una bassa forza assiale che altrimenti comporterebbe il raddrizzamento della protesi con conseguente scarsa adattabilità al sito, e dalla stabilità nel tempo dovuta ad una buona forza radiale della protesi che consente una buona adesione alle parete al fine di evitare problemi di migrazione.

Ciò che conta è la forza radiale e quella assiale; “questi due elementi-ha proseguito il dr. Traina-sono la parte più importante perché, mentre prima le protesi in acciaio avevano una forza brutale, con il nitinol si sono formate delle strutture che si possono conformare all’anatomia del coledoco. La differenza nella costruzione di queste celle determina l’efficacia e la potenza della forza radiale”.

“Il nitinol in sicurezza permette di “stentare” anche segmenti di intestino che altrimenti non avremmo potuto disostruire per l’estrema curvatura di questi segmenti. L’autoconformabilità evita anche la migrazione di questi stent grazie a una forte presa. Le protesi antimigrazione a livello esofageo vengono usate in soggetti che hanno tumori che coinvolgono la giunzione esofago-gastrica oppure in pazienti con fistole esofago-tracheali oppure in pazienti in cui il tumore pur determinando la disfagia non coinvolge interamente la circonferenza dell’organo e, quindi, il rischio di migrazione è molto elevato” ha aggiunto il dr. Naspetti.

Punti chiave di queste protesi sono quindi la atraumaticità, la stabilità nel tempo, la non tossicità e il rispetto dell’omeostasi globale dell’epitelio altrimenti si creano reazioni iperplastiche.

Infine, si è parlato anche delle protesi dedicate alla chirurgia bariatrica o meglio alla sleeve gastrectomy.

“Questo è un intervento sempre più utilizzato che sembrerebbe semplice ma che in realtà necessita di un centro di chirurgia bariatrica” ha evidenziato il prof. Giuseppe Galloro dell’Università Federico II di Napoli.

La sleeve gastrectomy (gastrectomia a manica) è una gastrectomia verticale, praticata lungo la grande curvatura, con cui si asporta completamente il fondo gastrico e si ottiene uno stomaco residuo di 60-150 ml.

“Ci sono delle protesi dedicate alla terapia delle fistole post sleeve gastrectomy - ha precisato il prof. Galloro- che sono abbastanza uniche nel loro genere accompagnate da risultati molto più soddisfacenti dei trattamenti che le hanno precedute. La fistola post sleeve gastrectomy si può formare teoricamente lungo tutto lo sleeve ma solitamente si forma in alto lungo l’angolo di His, in questo insieme vige un’alta pressione per cui una protesi deve poter risolvere anche il problema dell’alta pressione e quindi una protesi molto lunga che mette a tutore l’intera manica aprendosi cranialmente nell’esofago e distalmente nel bulbo pilorico azzera il gradiente pressorio dello sleeve e risolve un grosso problema”.

 

In conclusione, abbiamo cercato di raccontarvi tutte le novità emerse dall’incontro di Firenze sugli stent metallici in endoscopia digestiva.

Per finire di dipingere il quadro dell’evento vi consigliamo di dare un’occhiata anche alle videointerviste che abbiamo realizzato con i relatori.

 guarda le interviste ai relatori

 

Emilia Vaccaro

 

 

 

 

 

 

 

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